Bagai, giovane b2b piacentino

Una rappresentanza della Tavoletta di Verona, tra le più attive della nostra associazione, si è di recente recata in visita al laboratorio di Bagai, a Piacenza. Sono ormai frequenti i nuovi “bean to bar” che vengono alla luce nel nostro paese, nuove realtà quasi sempre create da giovani appassionati, proprio come anche in questo caso. Alberto e Marcello a un certo punto della loro vita si sono appassionati al cioccolato ma, come è normale che sia, avevano un impiego che nulla aveva a che fare col cibo degli dei. La conversione professionale al cioccolato è avvenuta poco alla volta, con una fase iniziale in cui le due attività si sovrapponevano (con apprezzabile doppio impegno) per svoltare poi verso una totale ed esclusiva dedizione al cioccolato solo quando la matematica della gestione economica lo ha permesso con saggezza. La passione è presupposto irrinunciabile per affrontare un’attività col giusto piglio: e questo mestiere, in particolare, non può essere svolto con successo senza passione e senza il desiderio di migliorare, di capire, di studiare, di provare. Ed è proprio così, non a caso, che i due giovani piacentini hanno approcciato l’attività di cioccolateria.

Il laboratorio non è grande (anche se ne abbiamo visti di ben più piccoli) ed è costituito da due ambienti separati (per fortuna): il magazzino per le fave di cacao e i semilavorati, raffreddato all’opportuna temperatura, e l’ambiente di produzione, anch’esso a temperatura controllata. Il tutto ben curato, pulito. Particolare attenzione è dedicata alla ricerca della materia prima cacao, come è giusto che sia per ogni “bean to bar” che voglia fregiarsi di tale etichetta. L’analisi e la selezione di diverse provenienze sono attente e continue, così come quella dei relativi fornitori; ogni cacao da valutare viene trasformato e assaggiato, al fine di poterne valutare pregi e difetti. Attualmente utilizzano monovarietà da Ecuador, Guatemala e Perù; come nocciole usano le piacentine, di buona qualità e a chilometro zero, ma poco conosciute e considerate.

 

Il loro processo di lavorazione ricalca linee tradizionali. La tostatura viene effettuata in un forno rotor ad aria (che non è un forno da pasticceria) a temperature e tempi leggermente diversi a seconda delle caratteristiche di ogni tipologia di cacao, proprio come si dovrebbe fare per ottenere il meglio da ogni origine. Le temperature variano tra i 120 e i 140 gradi, per un tempo di 20-25 minuti. Il successivo e immediato raffreddamento viene svolto a mano. Questo processo viene però preceduto da una pre-tostatura a 100 gradi per 10 minuti che funge da debatterizzazione, abbassando così la carica batterica già prima della tostatura, e senza per questo innescare la reazione di Maillard, ovvero senza attivare la tostatura vera e propria. 

Segue la frangitura delle fave tramite una piccola raffinatrice a due rulli opportunamente calibrati. Per la rimozione delle bucce fanno uso di macchina in acciaio fatta costruire appositamente, efficace anche se di piccole dimensioni. Siamo alla raffinazione, per la quale troviamo qui un classico: 2 melangeur a ruote in granito, da 25 kg ciascuno, che vengono fatti girare a lungo, ovvero dalle 36 alle 48 ore, con le differenze che dipendono principalmente dalla viscosità di ogni impasto; l’obiettivo sono i 20-25 micron di granulometria, che vengono verificati per mezzo di un grindometro. Per migliorare l’uniformità delle particelle, l’impasto raffinato viene filtrato attraverso un filtro a maglie fini che intercetta i frammenti più grossi. I pani di cioccolato così preparati vengono fatti maturare in magazzino per circa un mese, pratica sempre più diffusa. Le temperatrici sono quelle classiche, da terra e non da banco. E per finire, il confezionamento è tutto manuale, come spesso si addice a una piccola realtà. Certo, ci vuole pazienza…

 

Le loro tavolette fondenti hanno solo due ingredienti, ovvero sono lavorate in purezza, come si suol dire: fave di cacao e zucchero grezzo di canna. Questo per offrire al consumatore un prodotto che sia più vicino possibile alla materia prima e ne possa esprimere tutte le sue caratteristiche. In fondo, la filosofia del “bean to bar” e dei cioccolati monorigine è (o dovrebbe essere) proprio questa. Quindi niente burro di cacao aggiunto, niente lecitina, niente vaniglia. Ed anche niente latte, dato che non producono, per il momento, questo tipo di cioccolato. Producono invece alcune creme spalmabili alla nocciola, con alte percentuali di quest’ultima e cacao dell’Ecuador.

Il taglio delle tavolette è sempre da 50 g., un opportuno compromesso tra l’esigenza di fornire un buon prodotto e quella di mantenere i prezzi accessibili. D’altra parte, la loro filosofia è proprio quella di farsi pubblicità tramite la qualità dei prodotti stessi, e quindi danno priorità alla loro massima diffusione piuttosto che al consumo da parte di una ristretta nicchia di appassionati; da questo nasce l’esigenza di prezzi contenuti, affinché l’acquisto di un prodotto Bagai non rappresenti un lusso riservato a una minoranza.

 

Una curiosità: una parte delle bucce che vengono rimosse dalle fave di cacao vengono acquistate da un imprenditore della zona per farne… carta! Ebbene sì, con il cacao si può fare perfino la carta. Sarebbe l’ideale, magari, per il packaging delle tavolette.

 

Alberto e Marcello iniziarono la loro avventura solo pochi anni fa, con mezzi e tecnologie più limitati rispetto a quelli con cui operano oggi; sono infatti già cresciuti professionalmente, il lavoro promette bene e non escludono in futuro un possibile ampliamento del laboratorio e del proprio business. Al momento, circa il 60% delle vendite è costituito dalle coperture e dai semilavorati destinati a pasticceri, ristoranti, gastronomie, ecc. Tra i cioccolati monorigine che abbiamo assaggiato ci ha particolarmente colpito la tavoletta Guatemala, complessa, rotonda e aromatica. Devo dire che anche le nocciole piacentine sono state una piacevole scoperta; le propongono in commercio anche a sé stanti, in apposita confezione dopo essere state tostate e salate.

 

Ci fa sempre piacere scoprire giovani che si impegnano e che svolgono questo lavoro con grande passione e professionalità. Questo comporta anche avere significativi margini per crescere ulteriormente. Devo dire che nella nostra visita siamo stati alquanto puntigliosi, li abbiamo massacrati di domande e curiosità, basti pensare che, a suon di domande, commenti e assaggi, siamo riusciti a rimanere per ben 3 ore dentro al loro laboratorio! Un’ultima curiosità, per chi non fosse delle loro zone: bagai, in dialetto, significa ragazzino. Per chi volesse curiosare ulteriormente, questo è il loro sito:

https://www.bagaicioccolato.it/

di Roberto Caraceni

12 ottobre 2023